30. Il mondo diviso
30.1 Le conseguenze della seconda guerra mondiale
Alla seconda guerra mondiale si guarda oggi come a un grande spartiacque storico, al quale sono riconducibili molte fra le cause delle trasformazioni, dei conflitti e delle tensioni della società contemporanea. Certo, il mondo attuale è anche il prodotto di processi cominciati molto prima della guerra (come il declino europeo o lo sviluppo della società di massa) e di altri successivi (come i mutamenti nell'economia, nelle tecniche e nel costume degli ultimi decenni). Tuttavia pochi avvenimenti come la seconda guerra mondiale hanno avuto conseguenze così vaste e profonde sugli assetti internazionali, sulla vita dei singoli paesi, sulla stessa psicologia individuale e di massa.
La guerra non solo segnò la liquidazione del nazifascismo e il trionfo delle democrazie, non solo cambiò la carta territoriale d'Europa; ma portò al suo drammatico epilogo quella crisi dell'Europa delle grandi potenze già iniziata col primo conflitto mondiale. La Germania era stata sconfitta (e si avviava a perdere la sua unità statale); ma anche la Francia, generosamente riammessa dagli alleati al tavolo dei vincitori, e la stessa Gran Bretagna vittoriosa uscivano dalla guerra gravemente indebolite, incapaci di mantenere i loro imperi coloniali (che infatti sarebbero stati smantellati nel giro di pochi anni) e di conservare il loro ruolo di potenze mondiali.
Due soli Stati potevano ormai aspirare a quel ruolo: gli Stati Uniti, forti di un'indiscussa superiorità economica e di una altrettanto netta supremazia militare (esaltata dal monopolio dell'arma atomica); e l'Unione Sovietica, che usciva dalla guerra dissanguata sul piano economico e demografico, ma restava potenzialmente fortissima ed era già padrona di mezza Europa. Le due superpotenze erano entrambe entità continentali e multietniche, molto diverse dai vecchi Stati-nazione; entrambe dotate di immense risorse naturali e di un massiccio apparato industriale; entrambe avevano interessi di dimensione mondiale; ciascuna, infine, era portatrice di una propria cultura, di un proprio messaggio globale, radicalmente contrapposto a quello dell'altra, sul modo di assicurare il benessere e il progresso dei popoli. Il messaggio americano era quello dell'espansione della democrazia liberale, in regime di pluralismo politico, di concorrenza economica e di ampia libertà individuale, in base a un'etica del successo a sfondo edonistico e utilitaristico. Il messaggio sovietico era invece quello della trasformazione dei vecchi assetti politico-sociali in nome del modello collettivistico, fondato sul partito unico e sulla pianificazione centralizzata, nonché su un'etica anti-individualista della disciplina e del sacrificio, mossa dall'ideale della costruzione di una nuova società. Proprio per effetto di questa contrapposizione globale fra Usa e Urss, si giunse a un nuovo sistema mondiale essenzialmente bipolare, con influenze determinanti sulla vita dei singoli Stati: questo era evidente soprattutto in Europa, dove la linea divisoria fra area "socialista" e area "capitalistica" rispecchiava, in larga misura, le posizioni raggiunte alla fine delle ostilità dai due maggiori eserciti occupanti.
Sul piano psicologico e morale, il secondo conflitto mondiale ha certamente conferito una nuova dimensione all'orrore per la guerra, non solo per l'entità del massacro (50 milioni di morti, per oltre due terzi civili), ma anche per la sua inedita e sconvolgente "qualità". I bombardamenti indiscriminati sulle città, le carestie, la frequente violazione di ogni regola umanitaria, lo sviluppo dei mezzi di distruzione di massa: tutto ciò è entrato durevolmente, da allora, nella coscienza collettiva, gettando una nuova luce sulla natura stessa della guerra nella nostra epoca. A ciò si aggiunse, alla fine del conflitto, un duplice trauma morale: da un lato quello derivante dalle agghiaccianti rivelazioni sui crimini nazisti e sul genocidio degli ebrei; dall'altro quello provocato dall'apparizione della bomba atomica, cioè di un'arma non solo dotata di capacità distruttive senza precedenti, ma addirittura capace di minacciare la sopravvivenza stessa dell'umanità.
Questa terribile lezione produsse allora un diffuso bisogno di cambiamento, un generale desiderio di rifondare su basi più stabili il sistema delle relazioni internazionali e di mutarne le regole. Il fatto che di lì a poco il mondo si sia ritrovato nella morsa di nuove tensioni (quelle della cosiddetta "guerra fredda") non toglie nulla alla serietà dei tentativi, che allora si fecero da parte delle grandi potenze, per porre riparo agli errori del passato ed evitarne il ripetersi. La gestione della pace da parte americana fu complessivamente più generosa e lungimirante di quella messa in atto dall'Intesa nel primo dopoguerra. Un altro aspetto importante fu il tentativo di dare nuova fisionomia e nuovi poteri all'organizzazione delle Nazioni Unite. Infine, si intraprese un'opera di codificazione e di aggiornamento del diritto internazionale, includendovi per la prima volta un vero e proprio settore "penale", applicato nei processi di Norimberga (1945-46) e di Tokyo (1946-48) contro i capi nazisti e i dirigenti giapponesi.
A farsi promotori e garanti del progetto di un nuovo sistema mondiale furono, in virtù della loro posizione egemonica, soprattutto gli Stati Uniti. Come già nel primo dopoguerra, e in misura maggiore di allora, gli Usa diventarono per l'Europa occidentale il principale punto di riferimento non solo materiale (per la ricostruzione e per la difesa), ma anche ideale e "culturale" in senso lato. Da allora l'imitazione dei modelli di vita d'oltreoceano, della musica e dello spettacolo, dell'abbigliamento, del linguaggio, dei moduli artistici (basti pensare al cinema e alla narrativa) ha costituito l'elemento caratterizzante di un rapporto complesso e ambivalente, ma comunque intenso, fra le due sponde dell'Atlantico. Con il mito americano che prese forma in quegli anni, l'egemonia materiale degli Usa sembrò assumere anche i connotati di un primato ideale: gli Stati Uniti apparivano, all'indomani della più terribile delle guerre, come l'unico paese in grado di dispensare speranze e gioia di vivere anche a tanti europei che erano tornati alla pace senza ottimismo, orfani dei vecchi valori e bisognosi di nuove certezze.
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