2.8 Sommario
La lotta politica nell'età della Restaurazione fu dominata dalla contrapposizione tra i partigiani dell'antico regime, da un lato, e i liberali e i democratici dall'altro. Il liberalismo, oltre che per alcune idee fondamentali (libertà di opinione, tolleranza, principio rappresentativo, ecc.) si qualificava per l'adesione ad un modello istituzionale simile a quello operante in Gran Bretagna. Se sul piano dei princìpi il liberalismo si distingueva radicalmente dal pensiero dei democratici (che aspiravano alla repubblica e consideravano l'assemblea eletta a suffragio universale come unica espressione legittima della volontà popolare), le due correnti si trovavano vicine nella comune lotta per la costituzione, il Parlamento elettivo, la garanzia delle libertà fondamentali; a questi obiettivi si aggiungeva in molti paesi la rivendicazione dell'indipendenza nazionale.
In quasi tutti i paesi europei l'azione di liberali e democratici si doveva svolgere in forme clandestine, attraverso società segrete. La Carboneria si ispirava ad un liberalismo moderato, mentre altre sette (Comuneros, Adelfi, Filadelfi) avevano posizioni più spiccatamente democratiche. In massima parte la base sociale delle società segrete era costituita da intellettuali, studenti e - soprattutto - militari: furono essi i protagonisti delle rivoluzioni degli anni '20.
L'ondata rivoluzionaria partì dalla Spagna, con la ribellione, a Cadice, di alcuni reparti militari (gennaio '20): il re fu costretto a concedere la costituzione ma il nuovo regime non riuscì a consolidarsi, anche per i contrasti in seno allo schieramento costituzionale. Analogo fu, poco dopo, il corso della rivoluzione portoghese. Nel Napoletano, per iniziativa di alcuni ufficiali, una insurrezione (luglio '20) obbligò il re a concedere la costituzione; lo schieramento liberale e democratico rimase fragile, anche per il sopraggiungere della violenta rivolta di Palermo a sfondo indipendentista.
I moti piemontesi del marzo '21 contavano sull'adesione del principe Carlo Alberto; all'ultimo momento, venuta essa meno, non fu possibile fermare la programmata insurrezione, che venne schiacciata, dopo l'abdicazione di Vittorio Emanuele I, dal nuovo re Carlo Felice.
Le rivoluzioni del '20-'21 suscitarono l'allarme dei conservatori d'Europa. Nel '21, dopo che il re Ferdinando I ebbe chiesto espressamente l'aiuto delle potenze alleate al congresso di Lubiana, gli austriaci intervennero contro la rivoluzione napoletana. La rivoluzione spagnola fu schiacciata, invece, dall'intervento militare della Francia (1822), desiderosa di tutelare la propria posizione nell'area mediterranea. Tra i motivi principali della sconfitta delle rivoluzioni del '20-'21 vanno ricordate le divisioni entro lo schieramento rivoluzionario, nonché la mancanza di seguito tra le masse.
L'ultima delle rivoluzioni europee degli anni '20 si verificò in Russia con il moto decabrista (1825). La sconfitta degli insorti provocò una reazione durissima che avrebbe chiuso l'Impero zarista a qualunque fermento innovativo.
L'unica rivoluzione del decennio che si concluse positivamente fu quella greca contro la dominazione turca. Iniziata nel '21, questa rivoluzione - che ebbe i caratteri di una vera guerra di popolo - poté concludersi solo nel 1830. Il suo successo fu dovuto in misura determinante alle simpatie dell'opinione pubblica europea e all'intervento militare di Gran Bretagna, Francia e Russia. Con l'indebolimento dell'Impero ottomano dopo la sconfitta e con il riconoscimento dell'indipendenza della Grecia (e dell'autonomia di Serbia, Moldavia e Valacchia) prendeva corpo quella "questione d'Oriente" che avrebbe alimentato la politica internazionale fino alla prima guerra mondiale.
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