3.3 L'America Latina dopo l'indipendenza
"Non vi è onestà in America né tra le sue nazioni. I trattati sono pezzi di carta; le costituzioni libri; le elezioni battaglie; la libertà anarchia; e la vita un tormento". Così osservava sconsolatamente Simon Bolívar, poco prima di prendere la via dell'esilio in Europa, di fronte al fallimento del suo sogno di un'America Latina unita e democratica. Il progetto di unire le ex colonie spagnole, per lo più rette da regimi costituzionali, in una grande confederazione sul modello degli Stati Uniti si scontrò infatti, già nella fase della lotta di liberazione, con le rivalità politiche e i contrasti territoriali subito sorti fra i nuovi Stati.
Invece dell'auspicata unione, si ebbe, negli anni successivi all'indipendenza, un ulteriore processo di frammentazione, cui non riuscì a porre rimedio un congresso panamericano convocato a Panama nel 1826. La Gran Colombia fondata da Bolívar si scisse, alla fine degli anni '20, nelle tre repubbliche di Venezuela, Nueva Granada (poi Colombia) ed Ecuador. L'alto Perù - l'ultima regione a essere liberata dal dominio spagnolo - si costituì in repubblica nel 1825 col nome di Bolivia. Argentina e Brasile si contesero a lungo l'Uruguay, che divenne indipendente nel 1828; mentre il Paraguay, che prima faceva parte della provincia del Río de la Plata (ossia dell'Argentina), era di fatto indipendente dal 1813. La Federazione centroamericana si scisse dopo molti anni di lotte interne in una serie di piccoli Stati: Guatemala, Salvador, Honduras, Nicaragua, Costarica (Panama faceva allora parte della Colombia).
Anche sul piano dello sviluppo economico e civile, l'America Latina non riuscì a seguire l'esempio degli Stati Uniti. Tre secoli di sfruttamento coloniale basato sul prelievo intensivo delle risorse del sottosuolo e dei prodotti dell'agricoltura e dell'allevamento avevano orientato l'economia latino-americana in funzione delle esportazioni verso l'Europa, ostacolando lo sviluppo di un mercato interno e la crescita di una borghesia saldamente radicata nella realtà locale. La fine del dominio spagnolo e l'affermazione della Gran Bretagna come interlocutore economico privilegiato (e anche come tutore politico) di tutto il continente non mutarono questi caratteri di fondo, anzi li accentuarono.
Immutati, o addirittura aggravati, risultarono anche gli squilibri sociali ereditati dall'età coloniale. Voluta e conquistata dall'elemento creolo, l'indipendenza non portò alcun miglioramento nelle condizioni della popolazione india, ovunque condannata alla povertà e all'analfabetismo. Vi furono, è vero, progressi indubbi sul piano dei diritti civili. Le discriminazioni razziali si attenuarono, il che favorì in alcuni paesi un progressivo ricambio della classe dirigente. La schiavitù fu ovunque abolita, almeno sulla carta, negli anni successivi all'indipendenza (salvo che in Brasile, dove rimase in vigore fino al 1888). Ma questo non significò la fine dei rapporti feudali o semifeudali che legavano i contadini ai grandi proprietari: il peso di questi ultimi, anzi, andò accrescendosi a spese della borghesia urbana che era stata la principale iniziatrice del moto indipendentista.
L'arretratezza dei rapporti sociali incise negativamente sulla stabilità delle istituzioni rappresentative che quasi tutti i nuovi Stati si erano date, ispirandosi al modello dei regimi costituzionali europei e soprattutto a quello degli Stati Uniti. La stessa configurazione geografica di molti paesi, caratterizzata da grandi spazi non abitati e da scarse vie di comunicazione, rese spesso precario il funzionamento di un'efficiente amministrazione centrale. Di qui una serie di spinte centrifughe, di rivolte, di conflitti interni nei quali venne sempre più emergendo il ruolo dei capi militari, depositari di un potere reale conquistato nel corso delle guerre contro gli spagnoli e fatalmente portati ad assumere la parte di arbitri fra le fazioni in lotta. Si delineavano così, già all'indomani dell'indipendenza, quei caratteri della lotta politica in America Latina che erano destinati a perpetuarsi, pur nel mutare delle condizioni economiche e sociali, fin quasi ai nostri giorni.
Torna all'indice