5. Industrializzazione, classe operaia, socialismo
5.1 L'economia europea nel primo '800: la continuità col passato
L'economia dell'Europa continentale negli anni che vanno dalla Restaurazione alla metà del secolo offre, considerata globalmente, un quadro complesso e contraddittorio. Da un lato ci troviamo di fronte alla realtà di un'Europa "preindustriale" che non presentava, a uno sguardo complessivo, segni di radicale rottura o di diffusa innovazione rispetto alla situazione dell'antico regime: una realtà indubbiamente arretrata se paragonata ai contemporanei sviluppi della rivoluzione industriale inglese, che in questi anni non accennò a rallentare la sua spinta propulsiva e confermò sempre più la Gran Bretagna nel ruolo di "officina del mondo". D'altra parte, però, possiamo notare una serie di fattori dinamici e di segnali di crescita che progressivamente modificano questo quadro e che, soprattutto a partire dagli anni '30, cominciano a configurare un sistema sempre più caratterizzato dall'affermarsi del
capitalismo industriale.
Va detto innanzitutto che l'economia dell'Europa continentale era essenzialmente agricola (e tale sarebbe rimasta, nel suo complesso, anche dopo la metà dell'800); e che l'agricoltura era ancora tecnicamente arretrata, anche in quelle aree dove si erano verificate le trasformazioni più profonde nei rapporti di proprietà e nei modi di conduzione. I principali cambiamenti introdotti in questo periodo (uso di aratri capaci di lavorare la terra più in profondità, sistemi più razionali e complessi di rotazione delle colture, estensione delle colture foraggiere che consentivano una più stretta integrazione fra agricoltura e allevamento) si limitavano al perfezionamento di tecniche già note. Le macchine agricole (mietitrici, trebbiatrici), già usate con qualche successo in Inghilterra, erano pressoché sconosciute sul continente (i primi tentativi di introdurle in Francia, negli anni '30, provocarono violente reazioni da parte dei lavoratori). Di concimi artificiali si cominciò a parlare solo dopo il 1840, grazie all'opera pionieristica del grande chimico tedesco Justus von Liebig.
L'arretratezza dell'agricoltura era del resto legata non solo ai fattori tecnici, ma anche alla ristrettezza e alla frammentazione del mercato. Nonostante il continuo aumento del volume complessivo dei commerci, il trasferimento delle derrate alimentari da una zona all'altra in base all'entità della domanda costituiva un problema di non facile soluzione. I trasporti erano lenti (anche se la rete stradale era stata ovunque migliorata e ampliata a partire dall'età napoleonica); e il movimento delle merci era ulteriormente ostacolato dalla presenza di un gran numero di barriere doganali, fra Stato e Stato e all'interno dei singoli Stati. Tutto ciò impediva a una parte consistente della produzione agricola di entrare nel circolo di un mercato mondiale, o anche solo nazionale. Un'annata agricola sfavorevole bastava a provocare repentine impennate dei prezzi, con sbalzi anche fortissimi fra le diverse regioni, e in qualche caso a determinare veri e propri fenomeni di carestia.
Il periodo che stiamo considerando si aprì e si chiuse con due gravi crisi, quella del 1816-17 e quella del 1846-47, entrambe causate dai cattivi raccolti. La crisi del '46-'47 - l'ultima di questo genere nella storia europea - fu provocata soprattutto dal diffondersi di una malattia della patata (che in alcune zone, come l'Irlanda e l'Europa centrale, costituiva, più dei cereali, la principale base dell'alimentazione). La carestia colpì soprattutto la già poverissima Irlanda, dove morirono quasi un milione di persone (su un totale di circa 9 milioni) e almeno altrettante furono costrette a emigrare in Nord America.
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