9. La lotta per l'egemonia continentale e l'unità tedesca
9.1 La crisi dell'equilibrio europeo
Dal punto di vista dei rapporti fra le potenze, il periodo 1850-70 fu caratterizzato da una profonda crisi degli equilibri internazionali: una crisi segnata da frequenti conflitti (ben quattro nello spazio di un ventennio) e originata soprattutto dal tentativo della Francia di Napoleone III di riaffermare la sua posizione di massima potenza continentale (sullo scacchiere mondiale la superiorità inglese era fuori discussione), rovesciando al tempo stesso il sistema uscito dal congresso di Vienna.
Questo tentativo, culminato nella vittoriosa guerra contro l'Austria del 1859, ebbe l'effetto di aprire nuovi spazi ai movimenti nazionali: fu la guerra del '59 - lo vedremo nel prossimo capitolo - a porre le premesse per la realizzazione dell'unità d'Italia. Ma l'indebolimento dell'Impero asburgico, cardine dei vecchi equilibri europei, ebbe fra le sue conseguenze quella di facilitare l'ascesa della potenza prussiana fra i paesi di lingua tedesca. La crescita della Prussia e la sua aspirazione a riunire attorno a sé un grande Stato nazionale tedesco costituivano una minaccia intollerabile per la Francia, che da oltre due secoli aveva fondato la sua egemonia continentale proprio sulla debolezza e sulla frammentazione politica della Germania: la strada dell'unità tedesca passava quindi inevitabilmente attraverso lo scontro con la Francia. L'esito di questo scontro, che fu fatale per il Secondo Impero, avrebbe condizionato la politica europea per tutto il cinquantennio successivo, fino alla prima guerra mondiale.
Se, sul piano dei rapporti internazionali, gli anni 1850-70 furono contrassegnati da una fase particolarmente acuta della lotta per l'egemonia continentale e dall'emergere di nuove realtà nazionali, su quello delle politiche interne la partita continuò a giocarsi fra le correnti liberali (espressione dei settori più dinamici della borghesia) e le vecchie classi dirigenti di estrazione aristocratica e agraria. Sconfitte le rivoluzioni del '48-'49 - e messe temporaneamente fuori gioco le correnti democratico-socialiste - restava per i governanti di tutti i paesi il problema di adeguare le strutture istituzionali alla crescita di una società civile che manifestava segni di indubbio dinamismo. In alcuni paesi - la Gran Bretagna e, in parte, anche la Francia - il problema fu affrontato con un graduale allargamento degli spazi di partecipazione. In altri - come l'Impero asburgico e soprattutto la Russia - prevalse la linea della chiusura autoritaria che, tentando di bloccare le tensioni politiche e sociali, le lasciava sostanzialmente irrisolte.
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