9.9 La guerra franco-prussiana e l'unificazione tedesca
Uscita trionfatrice dallo scontro con l'Austria, la Prussia di Bismarck e di Guglielmo I poteva accingersi a realizzare l'ultima fase del suo ambizioso programma: l'unificazione di tutti gli Stati della Confederazione germanica in un grande Reich tedesco sotto la corona degli Hohenzollern. L'ultimo ostacolo reale sulla via dell'unità era rappresentato non tanto dagli Stati tedeschi a sud del Meno - ormai privati dell'appoggio austriaco e rassegnati a subire l'egemonia prussiana - quanto dalla Francia di Napoleone III. Questi, che aveva gravemente sottovalutato la forza della Prussia, vedeva ora messo in forse dai successi di Bismarck il risultato più importante e più duraturo mai raggiunto dalla Francia sul piano internazionale: quello conseguito più di due secoli prima col trattato di Westfalia del 1648 che aveva distrutto l'unità politica della Germania.
Se Napoleone III era deciso a non consentire ulteriori ingrandimenti alla Prussia, Bismarck era altrettanto deciso a realizzare il suo programma, anche a costo di affrettare i tempi dello scontro con la Francia. L'occasione per il conflitto fu offerta da una questione dinastica. Nel 1868 il trono di Spagna era rimasto vacante in seguito a un colpo di Stato militare. Il governo provvisorio spagnolo aveva offerto la corona a Leopoldo di Hohenzollern Sigmaringen, parente del re di Prussia. La prospettiva di un principe tedesco sul trono di Spagna spaventava ovviamente la Francia, che si sentiva minacciata di accerchiamento e vedeva risorgere lo spettro dell'Impero di Carlo V. L'opinione pubblica francese insorse compatta e la reazione del governo fu fermissima, ai limiti dell'ultimatum. Bismarck seppe sfruttare abilmente queste tendenze bellicose, anzi le esasperò rilasciando, all'indomani di un incontro fra Guglielmo I e l'ambasciatore francese, un comunicato stampa formulato in modo volutamente provocatorio (vi si lasciava intendere che l'ambasciatore era stato messo alla porta dal re). Quel comunicato provocò in Francia, e soprattutto a Parigi, un'ondata di furore nazionalistico. Il governo e lo stesso imperatore, fin allora esitante, si lasciarono trascinare dalla spinta dell'opinione pubblica e, il 19 luglio 1870, dichiararono guerra alla Prussia.
La Francia affrontò il conflitto in un clima di grande entusiasmo, ma con scarsa preparazione militare. L'esercito, che pure poteva contare su un armamento moderno ed efficiente, era nettamente inferiore a quello prussiano sia per il numero degli effettivi (circa 250.000 uomini contro i quasi 500.000 messi in campo dalla Prussia, che era riuscita a trascinare in guerra al suo fianco anche gli altri Stati tedeschi), sia per l'organizzazione. Come nel '66, le truppe comandate da von Moltke si mossero con grande rapidità in base a un preciso piano strategico. Il 1° settembre, mentre metà dell'esercito francese era costretta ad attestarsi nella fortezza di Metz, l'altra metà venne accerchiata a
Sedan, presso il confine col Belgio, e costretta ad arrendersi. Lo stesso imperatore cadde prigioniero dei tedeschi.
Pochi giorni dopo, nella capitale ormai minacciata dai prussiani, si formava un governo provvisorio composto in buona parte da repubblicani. Invano il ministro della Guerra Léon Gambetta, fuggito in pallone da Parigi assediata, tentò di rianimare la resistenza organizzando la leva in massa nelle province e mobilitando il popolo contro gli invasori (in questa occasione intervenne in difesa della Francia democratica anche un corpo di volontari italiano comandato da Garibaldi). Dopo una serie di sconfitte, il governo fu però costretto a lasciare Parigi e a chiedere l'armistizio, che fu firmato il 28 gennaio 1871. Frattanto le vittorie prussiane avevano fatto cadere le residue resistenze degli Stati tedeschi indipendenti nei confronti dell'unificazione. Già nel novembre 1870, il maggiore di questi Stati, la Baviera, aveva aderito alla Confederazione del Nord. Il 9 dicembre 1870 fu proclamato l'Impero tedesco e il 18 gennaio 1871, nella reggia di Versailles, luogo-simbolo della potenza dei re di Francia, Guglielmo I fu incoronato imperatore tedesco (Deutscher Kaiser). Si evitò di usare la formula "imperatore di Germania" per non urtare i particolarismi dei vecchi Stati, che avrebbero conservato nel nuovo Impero (Reich) ampie autonomie. Ciò non toglieva nulla al carattere autoritario della procedura con cui si era giunti all'unità: un'unità calata dall'alto, attuata, in seguito a una guerra combattuta fuori dai confini nazionali, soprattutto per l'iniziativa di uno statista geniale e dispotico, mai ratificata da un plebiscito o da una qualsiasi forma di consultazione popolare.
La stessa logica autoritaria ispirò le condizioni di pace imposte da Bismarck alla Francia col trattato di Francoforte, firmato il 10 maggio 1871. Non solo la Francia fu costretta a corrispondere una pesante indennità di guerra e a mantenere truppe d'occupazione tedesche sul proprio territorio fino al completo pagamento di questa indennità; ma dovette cedere al Reich l'Alsazia e la Lorena: due province di confine di notevole importanza economica e strategica che i francesi consideravano parte integrante del territorio nazionale (quel territorio che nemmeno il congresso di Vienna aveva mutilato dopo le sconfitte di Napoleone I).
Anche per questo la guerra franco-prussiana fu diversa da tutte quelle che l'avevano preceduta, dalla Restaurazione in poi: guerre che avevano impegnato solo limitatamente le energie dei paesi coinvolti, si erano concluse con paci di compromesso e non avevano impedito la rapida ripresa di normali rapporti fra gli ex belligeranti. La disfatta di Sedan, l'invasione del paese, la caduta di Parigi e la perdita dell'Alsazia-Lorena rappresentarono per la Francia molto più che una semplice sconfitta militare. Si trattò di una vera e propria umiliazione nazionale, sentita profondamente anche dagli strati popolari. Il desiderio di riparare a questa umiliazione (il cosiddetto "revanscismo", dal francese revanche, rivincita) avrebbe condizionato per quasi mezzo secolo la politica francese e l'intero equilibrio europeo.
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