10.5 La ripresa dell'azione mazziniana
Le sconfitte del '48-'49 non avevano mutato nella sostanza la strategia di Mazzini e dei mazziniani, più che mai convinti che l'unità italiana sarebbe scaturita da un moto insurrezionale e avrebbe potuto attuarsi solo nel quadro di una generale ripresa del processo rivoluzionario. In questa prospettiva, Mazzini da un lato si preoccupò di intensificare i contatti con i maggiori esponenti di tutto il movimento democratico europeo, dall'altro si adoperò instancabilmente per ritessere dall'esilio di Londra le fila dell'attività cospirativa in Italia. Nell'estate del 1850 nacque a Londra un Comitato nazionale italiano, che ribadì nel suo programma i tradizionali obiettivi dell'unità, della libertà e dell'indipendenza da raggiungersi con la guerra allo straniero e con la convocazione di una Costituente nazionale. Agendo come una specie di governo in esilio, che si collegava direttamente all'esperienza della Costituente romana, il Comitato lanciò un "prestito nazionale" garantito dal futuro governo repubblicano italiano e destinato a finanziare l'attività cospirativa. In questo modo Mazzini riuscì a dar vita ad una rete clandestina ampia e ramificata, con basi a Genova, in Toscana, nello Stato pontificio, in Sicilia e soprattutto in Lombardia.
Sul piano pratico, però, i risultati furono fallimentari in rapporto agli altissimi costi umani sostenuti. Negli anni 1851-52 la polizia austriaca inferse duri colpi all'organizzazione mazziniana. Molti furono gli arresti e molte le condanne capitali emanate da tribunali militari. Particolare sensazione destarono le nove impiccagioni avvenute nella fortezza di Belfiore, presso Mantova, fra la fine del '52 e l'inizio del '53. Nonostante i gravi vuoti aperti nelle file del movimento rivoluzionario, Mazzini ritenne di poter tentare ugualmente la carta dell'insurrezione. Il 6 febbraio 1853, a Milano, poche centinaia di operai e di artigiani assalirono con armi improvvisate i posti di guardia austriaci. Ma il moto fu facilmente represso e ne seguirono nuovi arresti e nuove condanne a morte.
Nemmeno questa catena di tragici insuccessi - che pure provocò molte critiche e perplessità all'interno dello schieramento democratico - introdusse mutamenti di rilievo nella strategia mazziniana. Convinto che il fallimento dei moti milanesi fosse dovuto alle carenze organizzative, oltre che al troppo tiepido appoggio dell'elemento liberal-borghese, Mazzini fondò nel 1853, a Ginevra, una nuova formazione politica cui diede il nome di
Partito d'azione, quasi a sottolinearne il carattere di puro strumento di battaglia, tutto immerso nell'attività clandestina e deciso a lasciarsi alle spalle le dispute teoriche. Nel contempo Mazzini, pur senza fare nessuna concessione alle ideologie socialiste, intensificò i suoi sforzi per crearsi una base fra gli artigiani e gli operai delle città del Nord: molte fra le società operaie di mutuo soccorso nate in questo periodo, soprattutto in Piemonte e in Liguria grazie alla libertà di associazione garantita dallo Statuto, furono controllate dai mazziniani e si ispirarono al credo repubblicano e patriottico.
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