12.5 L'espansione europea in Asia: l'India sotto la dominazione inglese
Nel novembre 1869, dopo dieci anni di lavori, fu inaugurato il canale artificiale che, tagliando l'istmo di Suez, metteva in comunicazione il Mediterraneo col Mar Rosso, abbreviando di parecchie settimane i collegamenti marittimi fra l'Europa e l'Asia. La nuova via d'acqua - che fu gestita da una compagnia internazionale controllata da Francia e Gran Bretagna - sanzionava e simboleggiava la supremazia tecnica e commerciale dell'Europa e ne facilitava l'espansione verso Oriente. Un'espansione che già si era accentuata negli anni intorno alla metà del secolo, seguendo quattro direttrici principali: l'avanzata dell'Impero russo verso l'Asia centrale e l'Estremo Oriente; la penetrazione della Francia nella penisola indocinese (
15.8); il consolidamento della dominazione inglese in India; e, infine, il tentativo delle potenze europee e degli Stati Uniti di aprirsi nuovi spazi commerciali in Cina e in Giappone.
Passata nel '700 sotto il controllo britannico, l'India era governata e amministrata da una compagnia privata, la Compagnia delle Indie orientali, che però agiva come una diretta emanazione del governo inglese. A metà '800 il territorio controllato dalla compagnia era vastissimo (si estendeva su buona parte dell'area oggi occupata da India, Pakistan e Bangladesh) e, con una popolazione in continua crescita (130 milioni nel 1845, oltre 200 nel 1881), offriva ampi sbocchi di mercato per i manufatti provenienti dalla Gran Bretagna, verso la quale esportava grandi quantità dì tè e di cotone. Cent'anni di dominazione inglese non avevano mutato di molto i caratteri della società indiana. L'economia restava fondata su un'agricoltura poverissima e arretrata. L'effetto principale della presenza inglese era stato quello di distruggere, con l'importazione di tessuti dalla Gran Bretagna, l'industria cotoniera locale, abbastanza estesa anche se a livello artigianale. La struttura sociale era basata, per la maggioranza della popolazione di religione induista, su una rigida divisione in caste. Il potere statale, formalmente ancora rappresentato dall'antico impero Moghul, era carente o addirittura assente: il senso dell'appartenenza alla casta o alla comunità locale prevaleva su qualsiasi legame con l'autorità centrale.
I colonizzatori inglesi non avevano cercato di modificare radicalmente queste strutture; anzi, si erano appoggiati sulle gerarchie sociali preesistenti - i signori locali, i sacerdoti induisti (brahmini) - per assicurare il mantenimento dell'ordine e la riscossione delle imposte. I loro tentativi di avviare un prudente processo di modernizzazione, diffondendo la lingua inglese e la cultura occidentale e combattendo alcune delle pratiche più barbare della religione induista (come l'usanza di bruciare le vedove insieme ai cadaveri dei mariti), provocarono in più di un caso reazioni di stampo tradizionalistico-religioso. La più importante fu la cosiddetta "rivolta dei Sepoys", originata, nel 1857, da un ammutinamento dei reparti indigeni dell'esercito (chiamati appunto Sepoys). La rivolta, che richiese una lunga e sanguinosa repressione, indusse il governo britannico a riorganizzare la presenza inglese in India. Soppressa nel 1858 la Compagnia delle Indie, il paese passò sotto la diretta amministrazione della corona britannica, rappresentata da un viceré. L'esercito e la burocrazia furono ristrutturati: il principio seguito fu quello di promuovere gli elementi indigeni e i notabili fedeli alla Gran Bretagna, affiancandoli però ad elementi inglesi. La costruzione di nuove ferrovie consentì non solo un incremento degli scambi, ma anche un più stretto controllo militare su tutto il territorio indiano. Nel 1876, a coronamento di quest'opera di riorganizzazione, la regina Vittoria fu proclamata imperatrice dell'India.
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