13.3 Bismarck e l'equilibrio europeo
Per tutto il ventennio 1870-90 l'Impero tedesco esercitò un'indiscussa egemonia sul continente europeo. Se prima del 1870 l'iniziativa bismarckiana aveva rappresentato l'elemento dinamico e perturbatore nel concerto delle grandi potenze, dopo la vittoria sulla Francia e la proclamazione del Reich gli obiettivi della politica tedesca mutarono radicalmente e Bismarck divenne il custode più geloso dell'equilibrio europeo. Il cancelliere tedesco concentrò i suoi sforzi su uno scopo fondamentale: impedire che la Francia, di cui nessuno ignorava le velleità di rivincita, potesse uscire dal suo isolamento diplomatico per stipulare un'alleanza con un'altra qualsiasi delle grandi potenze. Lo scopo fu raggiunto, in quanto, finché Bismarck rimase al potere, la Germania poté contare, da un lato, sulla tradizionale tendenza dell'Inghilterra a non impegnarsi sul continente europeo se non per difendere i suoi interessi più vitali (una tendenza che si faceva tanto più evidente quanto più il Regno Unito era assorbito dai problemi coloniali); dall'altro lato, riuscì a legare a sé le altre due potenze maggiori - gli imperi di Russia e Austria-Ungheria - e la stessa Italia.
Fulcro iniziale del sistema bismarckiano fu il patto dei tre imperatori, stipulato nel 1873 fra Germania, Russia e Austria: un patto essenzialmente difensivo, che si fondava soprattutto sulla solidarietà dinastica fra i tre imperi autoritari e aveva per mira non troppo nascosta la tutela degli equilibri conservatori all'interno dei singoli Stati. L'alleanza aveva però un punto debole: la vecchia rivalità fra Austria e Russia nella penisola balcanica, dove la crisi ormai più che secolare dell'Impero ottomano apriva sempre nuovi spazi alle contrastanti iniziative delle due potenze. Nel 1875-1876 l'esercito turco intervenne in Bosnia, in Erzegovina e in Bulgaria schiacciando con una sanguinosa repressione una serie di rivolte scoppiate fra le popolazioni slave ancora soggette all'Impero. Si verificò a questo punto una situazione analoga a quella del 1854, da cui era scaturita la guerra in Crimea. Nella primavera del '77, la Russia, che si atteggiava a grande protettrice dei popoli slavi, entrò in guerra contro la Turchia e la sconfisse dopo una guerra durata quasi un anno, imponendole una pace quanto mai onerosa (trattato di Santo Stefano), che contemplava fra l'altro la creazione di un grosso Stato bulgaro, la piena indipendenza della Serbia e del Montenegro e l'autonomia della Bosnia e dell'Erzegovina sotto un protettorato austro-russo. Questo accordo, che avrebbe definitivamente sancito l'egemonia russa sui Balcani, provocò però l'immediata reazione dell'Austria e dell'Inghilterra.
Fu a questo punto che Bismarck, timoroso degli effetti sconvolgenti che un nuovo conflitto avrebbe avuto sull'equilibrio europeo, prese l'iniziativa di convocare un congresso fra le grandi potenze, che fu tenuto a Berlino nell'estate del 1878. Grazie all'attiva mediazione del cancelliere tedesco, si giunse a un accordo che ridimensionava notevolmente i vantaggi già ottenuti dalla Russia. Serbia e Montenegro conservarono l'indipendenza. Lo Stato bulgaro fu mantenuto in vita, ma entro confini assai più ristretti di quelli previsti dal trattato di Santo Stefano. La Bosnia e l'Erzegovina furono dichiarate autonome, ma affidate in "amministrazione temporanea" alla sola Austria. La Gran Bretagna vide riconosciuto il suo ruolo di custode dell'equilibrio nel Mediterraneo orientale ottenendo l'isola di Cipro, situata in posizione strategica per il controllo del canale di Suez. Rimasero escluse da ogni vantaggio territoriale la Germania, che peraltro nulla aveva chiesto, e la Francia, che ebbe però mano libera per una eventuale azione in Tunisia. In questo modo Bismarck non solo distoglieva dal teatro europeo le velleità espansionistiche della Terza Repubblica, ma creava le premesse per un contrasto tra la Francia e l'Italia (
16.7).
Scongiurato il pericolo di un conflitto europeo, la diplomazia bismarckiana si impegnò nella difficile impresa di rimettere insieme l'alleanza con l'Austria e la Russia, alleanza uscita in pezzi dalla crisi d'Oriente che aveva visto le due potenze giungere a un passo dalla guerra. L'intesa fu raggiunta sulla base di una divisione dei Balcani in zone di influenza e, nel 1881, fu firmato un nuovo patto dei tre imperatori. L'anno seguente (1882) il complesso edificio diplomatico fu completato dalla stipulazione della Triplice alleanza, che univa la Germania all'Austria-Ungheria e all'Italia e sanciva l'ingresso di quest'ultima nel sistema di alleanze tedesco.
La costruzione era in apparenza perfetta, visti anche gli ottimi rapporti fra gli Stati della Triplice e l'Inghilterra; ma aveva in sé non pochi elementi di fragilità. Fra Italia e Austria, divise da una storica inimicizia, c'era sempre in sospeso la questione del Trentino e della Venezia Giulia. Ma il più grave punto di frizione stava sempre nell'area balcanica, dove qualsiasi riassestamento dei rapporti fra i vari Stati (o anche solo dei loro regimi interni) rischiava di far saltare la precaria intesa fra Russia e Austria-Ungheria. Nel 1885-86 una serie di contrasti, che avevano per oggetto le intricate vicende del Regno di Bulgaria, fece salire di nuovo la tensione fra i due imperi e mise in crisi - stavolta definitivamente - il patto dei tre imperatori. Non potendo più tenere le due potenze rivali legate in una stessa alleanza, Bismarck scelse allora la strada degli accordi bilaterali. Mantenne ferma l'alleanza con l'Impero asburgico e, nel 1887, stipulò con la Russia, senza informarne l'Austria, il trattato di controassicurazione: una specie di patto di non aggressione che impegnava la Russia a non aiutare la Francia in caso di attacco alla Germania e la Germania a non unirsi all'Austria in una guerra contro la Russia.
Il trattato di controassicurazione fu l'ultimo capolavoro diplomatico di Bismarck. Di lì a tre anni, gli insuccessi in politica interna, i contrasti col nuovo imperatore Guglielmo II, le pressioni dei gruppi che chiedevano una politica estera di respiro mondiale (e non solo europeo), avrebbero determinato la fine politica del cancelliere.
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