19. Imperialismo e rivoluzione nei continenti extraeuropei
19.1 Il ridimensionamento dell'Europa
Nel primo quindicennio del '900, mentre le potenze europee si avviavano verso uno scontro da cui tutte sarebbero uscite profondamente trasformate e indebolite, si cominciarono ad avvertire i sintomi di un ridimensionamento della posizione del vecchio continente in rapporto al resto del mondo. Si trattava in realtà di un processo di lungo periodo, cominciato, nonostante tutte le apparenze contrarie, nella seconda metà dell'800 (che aveva visto il boom dell'espansione coloniale, ma anche la crescita di nuove potenze extraeuropee come gli Stati Uniti e il Giappone) e destinato a concludersi dopo la seconda guerra mondiale.
Fu, comunque, all'inizio del '900 che l'idea di una minaccia portata alla supremazia europea dall'emergere di nuovi popoli e nuove nazioni cominciò a farsi strada nell'opinione pubblica. A suggerire questi timori non era tanto l'ascesa degli Stati Uniti, considerati con eccessiva sufficienza e visti pur sempre come un'appendice dell'Europa, quanto il risveglio dei popoli dell'Estremo Oriente: il Giappone innanzitutto, ormai apertamente lanciato in una politica imperiale che lo avrebbe portato - come vedremo fra poco - a scontrarsi con la Russia; ma anche la Cina, sempre più insofferente dello stato di semisoggezione impostole dalle potenze europee.
Alle preoccupazioni di ordine politico-militare si aggiungevano quelle indotte dalle tendenze dello sviluppo demografico. La popolazione europea continuava a crescere, ma non al punto da ridurre significativamente il divario con i popolosissimi paesi asiatici. Al contrario, in questi paesi l'introduzione, sia pur limitata, di nuove tecniche agricole e di più moderni metodi di cura e prevenzione delle malattie cominciò a far calare il tasso di mortalità senza che si verificassero quei mutamenti culturali che nelle società industrializzate avevano portato a una caduta del tasso di natalità. Questa tendenza era, ai primi del secolo, appena ai suoi inizi. Ma già allora la sovrappopolazione dei paesi asiatici fu sentita da molti come una minaccia all'egemonia europea, e, più in generale, alla supremazia dei popoli "bianchi". Come sarebbe stato possibile, alla lunga, per le potenze coloniali, che per tutto l'800 avevano inondato il mondo intero di coloni e soldati, funzionari e mercanti, mantenere il proprio dominio in condizioni di crescente inferiorità numerica? E come l'Occidente avrebbe potuto resistere alle ondate migratorie che dall'Oriente cominciavano a riversarsi sugli Stati Uniti e sui dominions britannici? Fu allora che in Europa si cominciò a parlare sempre più insistentemente di un "pericolo giallo": un'espressione coniata dall'imperatore di Germania Guglielmo II ai tempi della rivolta dei boxers e diventata d'attualità soprattutto dopo la guerra russo-giapponese del 1904-5.
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