29.3 L'attacco a occidente e la caduta della Francia
L'offensiva tedesca sul fronte occidentale ebbe inizio il 10 maggio 1940 e si risolse nel giro di poche settimane in un nuovo travolgente successo, tale da far ritenere che il conflitto fosse prossimo a concludersi con la vittoria della Germania. Il successo fu tanto più clamoroso in quanto ottenuto a spese delle due maggiori potenze occidentali coalizzate. L'esercito francese, in particolare, era il più numeroso e il più armato d'Europa e disponeva di una forte aviazione e di ingenti forze corazzate. A provocare la sconfitta degli alleati non fu dunque un'inferiorità in uomini o in mezzi, ma furono gli errori dei comandi francesi, ancora legati a una concezione statica della guerra e troppo fiduciosi nell'efficacia delle fortificazioni difensive che costituivano la famosa linea Maginot: fortificazioni che fra l'altro coprivano solo la frontiera franco-tedesca, lasciando scoperto il confine col Belgio e col Lussemburgo, da dove in realtà veniva la minaccia più seria.
Infatti, come nel 1914, i tedeschi iniziarono l'attacco violando la neutralità dei piccoli Stati confinanti. Questa volta, oltre al Belgio, furono invasi anche Olanda e Lussemburgo. Fra il 12 e il 15 maggio, dopo aver attraversato velocemente la foresta delle Ardenne (ritenuta dai francesi invalicabile dai carri armati), i reparti corazzati tedeschi sfondarono le linee nemiche nei pressi di Sedan. Colpito nel suo punto più debole - le forze più ingenti erano in parte impegnate a nord, nella difesa del Belgio, in parte dislocate a sud, a presidiare l'inutile linea Maginot - lo schieramento alleato cedette di schianto. Le truppe tedesche dilagarono in pianura e puntarono verso il mare, chiudendo in una sacca molti reparti francesi e belgi e l'intero corpo di spedizione inglese, appena sbarcato sul continente. Solo un momentaneo rallentamento dell'offensiva consentì al grosso delle forze britanniche, assieme a circa 100.000 fra belgi e francesi, un difficile e drammatico reimbarco nel porto di Dunkerque (29 maggio-4 giugno).
La sosta tedesca era dovuta in parte all'esigenza di riorganizzare le forze in vista del definitivo attacco alla Francia, in parte a un calcolo politico di Hitler, che voleva lasciarsi aperta la strada di un accordo con la Gran Bretagna. Per gli inglesi la ritirata rappresentò comunque la salvezza, o almeno la possibilità di continuare la lotta. Ma per la Francia, fiaccata nel morale oltre che nell'efficienza bellica, la sconfitta era ormai irreparabile. Il 14 giugno i tedeschi entravano a Parigi, mentre interminabili colonne di profughi si riversavano verso il Sud.
Divenuto allora presidente del Consiglio, l'ottantaquattrenne maresciallo
Philippe Pétain, da tempo schierato su posizioni di destra, aprì immediatamente le trattative per l'armistizio. Invano il generale
Charles De Gaulle lanciò da Londra, il 18 giugno, un appello ai francesi per incitarli a continuare a combattere a fianco degli alleati. Pétain e i capi delle forze armate erano convinti dell'inutilità di ogni ulteriore resistenza. E l'armistizio fu firmato il 22 giugno nella stessa località (il villaggio di Rethondes) e nello stesso vagone ferroviario che nel novembre '18 avevano visto la delegazione tedesca piegarsi al Diktat dei vincitori di allora. In base all'armistizio il governo, che stabilì la sua sede nella cittadina termale di Vichy, conservava la sua sovranità su una zona corrispondente grosso modo alla metà centro-meridionale del paese, oltre che sulle colonie. Il resto della Francia restava sotto l'occupazione tedesca.
Il crollo militare della Francia e l'avvento di Pétain segnarono anche la fine della Terza Repubblica, nata settant'anni prima da un'altra catastrofe bellica (quella subita da Napoleone III a Sedan). Il 9 luglio l'Assemblea nazionale, riunita a Vichy, si spogliava dei suoi poteri, affidando al presidente del Consiglio il compito di promulgare una nuova costituzione. Come molti suoi concittadini di parte conservatrice, Pétain attribuiva la responsabilità della sconfitta non agli errori dei comandi militari, ma alla classe dirigente repubblicana e al sistema democratico-parlamentare, considerato troppo permissivo e dunque causa di rilassamento morale. La "rivoluzione nazionale" promossa da Pétain - col diffuso consenso di un'opinione pubblica passiva e smarrita, desiderosa soprattutto di tenersi fuori dalla guerra - si risolse così in un ritorno alle tradizioni dell'ancien régime: culto dell'autorità, difesa della religione e della famiglia, esaltazione retorica della piccola proprietà e del lavoro nei campi, organizzazione sociale di stampo corporativo.
Il regime di Vichy si ridusse al rango di Stato-satellite della Germania hitleriana. Ogni rapporto con la Gran Bretagna fu interrotto dopo che il 3 luglio la flotta francese, ancorata nella baia di Mers el Kebir in Algeria, fu attaccata e distrutta da quella inglese per evitare che cadesse in mano dei tedeschi.
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