29.8 L'aggressione giapponese e il coinvolgimento degli Stati Uniti
Allo scoppio del conflitto, gli Stati Uniti avevano ribadito la linea di non intervento negli affari europei mantenuta negli anni fra le due guerre. Ma, una volta rieletto alla presidenza per la terza volta (caso unico nella storia americana) nel novembre 1940, Roosevelt si impegnò in una politica di aperto sostegno economico alla Gran Bretagna, rimasta sola a combattere contro la Germania. Nel marzo 1941 fu approvata una legge, detta degli affitti e prestiti, che consentiva la fornitura di materiale bellico a condizioni molto favorevoli a quegli Stati la cui difesa fosse considerata vitale per gli interessi americani. In maggio gli Stati Uniti ruppero le relazioni diplomatiche con Germania e Italia. In giugno la marina militare Usa fu incaricata di scortare fino all'Islanda i convogli che trasportavano aiuti a nazioni alleate e autorizzata a rispondere a eventuali attacchi.
Questa politica - che tendeva a fare degli Stati Uniti l'"arsenale delle democrazie" e poneva il paese in rotta di collisione con le potenze dell'Asse - ebbe il suo suggello ufficiale nell'incontro fra Roosevelt e Churchill avvenuto il 14 agosto 1941 su una nave da guerra al largo dell'isola di Terranova. Frutto dell'incontro fu la cosiddetta
Carta atlantica: un documento in otto punti (quasi una edizione aggiornata dei quattordici punti di Wilson), in cui i due statisti ribadivano la condanna dei regimi fascisti e fissavano le linee di un nuovo ordine democratico da costruire a guerra finita: rispetto dei princìpi di sovranità popolare e di autodecisione dei popoli, libertà dei commerci, libertà dei mari, cooperazione internazionale, rinuncia all'uso della forza nei rapporti fra gli Stati.
Il coinvolgimento degli Usa in quella che sempre più stava diventando una guerra antifascista sembrava già a questo punto inevitabile. A trascinare gli Stati Uniti nel conflitto fu l'aggressione improvvisa subita nel Pacifico da parte del Giappone: la maggiore potenza dell'emisfero orientale e il principale alleato asiatico di Germania e Italia, cui era legato, dal settembre 1940, da un patto di alleanza detto Patto tripartito. Già impegnato dal '37 in una guerra di conquista contro la Cina (
28.4), il Giappone aveva profittato del conflitto europeo per allargare le sue aspirazioni espansionistiche a tutti i territori del Sud-est asiatico. Quando, nel luglio '41, i giapponesi invasero l'Indocina francese, Stati Uniti e Gran Bretagna reagirono decretando il blocco delle esportazioni verso il Giappone. L'Impero asiatico - paese industrialmente sviluppato ma povero di materie prime - si trovò a questo punto di fronte a una scelta: piegarsi alle richieste delle potenze occidentali (che esigevano il ritiro delle truppe giapponesi dall'Indocina e dalla Cina), o scatenare la guerra per conquistare nuovi territori e procurarsi così le materie prime necessarie alla sua politica di grande potenza. Il governo giapponese, dominato dalle correnti belliciste, scelse la strada della guerra.
Il 7 dicembre 1941, l'aviazione giapponese attaccò, senza previa dichiarazione di guerra, la flotta degli Stati Uniti ancorata a Pearl Harbor, nelle Hawaii, e la distrusse in buona parte. Nei mesi successivi, profittando della netta superiorità navale così conquistata nel Pacifico, i giapponesi raggiunsero di slancio tutti gli obiettivi che si erano prefissati: nel maggio '42 controllavano le Filippine (strappate agli Usa), la Malesia e la Birmania britanniche, l'Indonesia olandese ed erano in grado di minacciare l'Australia e la stessa India, costringendo la Gran Bretagna a distogliere forze preziose dal Medio Oriente. Pochi giorni dopo l'attacco a Pearl Harbor, anche Germania e Italia dichiaravano guerra agli Stati Uniti. Il conflitto diventava a questo punto veramente mondiale.
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