30.12 L'Europa occidentale e il Mercato comune
Nel corso degli anni '50, mentre i paesi dell'Est europeo vedevano ribadita la loro condizione di "sovranità limitata", i maggiori Stati dell'Europa occidentale vivevano il difficile passaggio dalla condizione di grandi potenze a quella di potenze di secondo rango, dipendenti per la loro sicurezza e per il loro benessere dall'alleato d'oltreoceano.
Il paese che visse questo trapasso in modo più agitato, soprattutto in relazione alle vicende algerine, fu certamente la Francia, come si vedrà nel prossimo paragrafo. Al contrario, in Gran Bretagna la smobilitazione dell'Impero si attuò senza eccessivi traumi e in un quadro di notevole stabilità politica. Rimasti ininterrottamente al governo fra il '51 e il '64, i conservatori non smantellarono l'edificio del Welfare State costruito dai precedenti governi laburisti (limitandosi a riprivatizzare il settore siderurgico). Ma non riuscirono a impedire che il lento declino dell'economia britannica, in atto da oltre mezzo secolo, si trasformasse in un prolungato ristagno: tanto più allarmante se paragonato al grande dinamismo manifestato in quello stesso periodo dagli altri Stati dell'Europa occidentale.
La ripresa più spettacolare, soprattutto se si tien conto delle condizioni di partenza, fu quella della Germania federale. Il prodotto nazionale crebbe negli anni '50 al ritmo del 6% annuo; la disoccupazione fu quasi completamente riassorbita; il marco, drasticamente svalutato nel '49, divenne la più forte fra le monete europee; il tasso di inflazione si mantenne entro limiti modesti; la bilancia commerciale rimase sempre in attivo.
Alla base del "miracolo tedesco" vi erano diversi fattori: la disponibilità di una numerosa manodopera fornita dai profughi (a quelli provenienti dai territori perduti se ne aggiunsero, nel decennio '50-'60, altri 3 milioni fuggiti dalla Germania orientale); la moderazione dei sindacati; la notevole stabilità politica. Questa stabilità era dovuta in parte alla costituzione del '49, che prevedeva meccanismi atti a penalizzare i piccoli partiti e a evitare le troppo frequenti crisi parlamentari; in parte a interventi d'autorità dei governi cristiano-democratici (negli anni '50 furono messi fuori legge il Partito comunista e i movimenti neonazisti, peraltro già abbastanza deboli); in parte alle scelte degli elettori, che si orientarono verso i partiti maggiori, uniti dalla comune accettazione delle regole liberal-democratiche. L'Unione cristiano-democratica - che, federata con l'Unione cristiano-sociale bavarese aveva raccolto l'eredità del vecchio Centro cattolico - mantenne ininterrottamente la guida del governo, prima con Adenauer e poi con Erhard, per lo più in coalizione con il Partito liberale. Il Partito socialdemocratico svolse il ruolo di opposizione costituzionale, senza mettere in discussione i fondamenti del sistema economico e anzi abbandonando ufficialmente, nel congresso di Bad Godesberg del 1959, l'antica base teorica marxista, in favore di una piattaforma di tipo democratico-riformista.
Risorta economicamente e rigenerata nelle strutture politiche, parzialmente riarmata dopo la metà degli anni '50 (anche se sotto la stretta tutela degli Usa), la Germania federale riprendeva così il suo posto fra le nazioni sovrane dell'Europa occidentale. Nazioni che, per il fatto stesso di aver perduto la posizione centrale a suo tempo occupata nel mondo, di essere inserite nella stessa alleanza e rette da regimi parlamentari molto simili fra loro, vedevano svanire i vecchi motivi di rivalità legati all'"Europa delle grandi potenze" e crescere gli elementi di affinità reciproca. In parte diverso era il caso della Gran Bretagna che, pur avendo perduto il suo impero, continuava a considerarsi separata dall'Europa e a privilegiare i legami col Commonwealth.
L'ideale di un'Europa unita nel segno della pace, della democrazia e della cooperazione economica fu fatto proprio, nell'immediato dopoguerra, da autorevoli uomini politici di diversi paesi e di diversa estrazione ideologica: conservatori come Churchill, cattolici come De Gasperi, Adenauer e il francese Maurice Schumann, socialisti come Léon Blum e il belga Paul-Henri Spaak. La prima realizzazione concreta sul cammino dell'unità si ebbe nel 1951 con la creazione della Comunità europea del carbone e dell'acciaio (Ceca) che aveva il compito di coordinare produzione e prezzi in quelli che erano ancora i settori-chiave della grande industria continentale. Il successo della Ceca incoraggiò i governi a proseguire sulla strada di un accordo che, accantonando i progetti più ambiziosi di "Stati uniti d'Europa", consentisse almeno un coordinamento delle politiche economiche e la creazione di un'area di libero scambio.
Nel marzo 1957 si giunse così, dopo anni di trattative diplomatiche, alla firma del trattato di Roma fra i rappresentanti di Francia, Italia, Germania federale, Belgio, Olanda e Lussemburgo, che istituiva la
Comunità economica europea (Cee). Scopo primario della Comunità era quello di creare un Mercato comune europeo (Mec), mediante il graduale abbassamento delle tariffe doganali e la libera circolazione della forza-lavoro e dei capitali, ma anche attraverso il coordinamento delle politiche industriali e agricole e l'intervento delle autorità comunitarie in favore delle aree depresse e dei settori in crisi. Organi principali della Cee erano, e sono tuttora, la Commissione, organo essenzialmente tecnico che ha il compito di proporre i piani di intervento e di disporne l'attuazione; il Consiglio dei ministri (formato da delegati dei governi dei paesi membri), cui spettano le decisioni finali; la Corte di giustizia, incaricata di dirimere le controversie fra Stato e Stato; il Parlamento europeo, con funzioni puramente consultive, composto inizialmente da rappresentanti dei parlamenti nazionali, poi (dal '79) eletto direttamente dai cittadini.
Sul piano economico, il Mercato comune ottenne all'inizio buoni risultati, dando un forte stimolo alle economie dei paesi associati, che conobbero tutti, tra la fine degli anni '50 e l'inizio degli anni '60, un periodo di notevole espansione. Sul piano politico, però, la spinta all'integrazione si arrestò nel giro di pochi anni, frenata dal peso delle tradizioni e degli egoismi nazionali.
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