32.6 Le elezioni del '48 e la sconfitta delle sinistre
Il varo della Costituzione repubblicana fu l'ultima manifestazione significativa della collaborazione fra le forze antifasciste. Dall'inizio del '48, i partiti si impegnarono in una gara sempre più accanita per conquistarsi i favori dell'elettorato, in vista delle elezioni politiche convocate per il 18 aprile di quell'anno, che avrebbero dato alla Repubblica il suo primo Parlamento. Caratteristica di questa campagna elettorale fu la polarizzazione fra due schieramenti contrapposti: quello di opposizione, egemonizzato dal Pci, e quello governativo, guidato dalla Dc e comprendente anche i partiti laici minori (Psli e Pri erano entrati nel dicembre '47 nel ministero De Gasperi).
Un contributo alla radicalizzazione dello scontro lo diede il Partito socialista, decidendo, nel dicembre '47, di presentare liste comuni col Pci sotto l'insegna del Fronte popolare. Gli elettori si trovarono così di fronte a un'alternativa secca, che lasciava scarsi margini alle posizioni intermedie. E la Dc ebbe buon gioco a impostare la sua battaglia in termini di scontro "di civiltà", oltre che di schieramenti internazionali e di sistemi economici. Nella sua campagna elettorale il partito di De Gasperi poté inoltre giovarsi dell'aiuto di due potenti alleati. La Chiesa, a cominciare dal pontefice
Pio XII, si impegnò in prima persona in una dura crociata anticomunista e mobilitò tutte le sue organizzazioni in una propaganda spesso grossolana, ma indubbiamente efficace, a sostegno della Dc. Meno diretto, ma ugualmente decisivo, fu l'appoggio degli Stati Uniti, che consentì ai democristiani di presentarsi come i più accreditati rappresentanti della massima potenza mondiale e di agitare la minaccia di una sospensione degli aiuti del piano Marshall in caso di vittoria delle sinistre.
Socialisti e comunisti risposero facendo appello ai lavoratori e ai ceti disagiati e mettendo in primo piano i toni democratico-populisti (il ritratto di Garibaldi fu scelto come contrassegno delle liste del Fronte popolare), rispetto a quelli classisti e rivoluzionari. Ma la loro propaganda fu fortemente danneggiata da una stretta adesione alla causa dell'Urss e alla politica estera di Stalin, in un momento in cui l'immagine del comunismo sovietico era inevitabilmente associata a quanto stava accadendo nell'Europa dell'Est (in particolare in Cecoslovacchia, dove i comunisti presero il potere poche settimane prima delle elezioni italiane). Giocavano invece a favore della Dc le prospettive di sviluppo e di benessere, associate nella stessa mentalità popolare al legame cogli Stati Uniti, il desiderio di ordine e tranquillità e la paura di mutamenti radicali, il tradizionale ossequio alla Chiesa di Roma.
Le elezioni del 18 aprile si risolsero così in un travolgente successo del partito cattolico, che ottenne il 48,5% dei voti e la maggioranza assoluta dei seggi alla Camera, attirando sulle sue liste i suffragi dell'elettorato moderato, istintivamente propenso a concentrare i suoi voti sul partito più forte (le destre e le formazioni minori di centro risultarono infatti in netto calo). Bruciante fu la sconfitta dei due partiti operai, che ottennero il 31% (contro il 40% del '46) perdendo circa un milione di voti. Il peso della sconfitta ricadeva per intero sul Psi, che vedeva più che dimezzata la sua rappresentanza parlamentare e pagava così l'eccessiva identificazione con le posizioni del Pci. Con le elezioni del '48 si chiudeva dunque la fase più agitata e incerta del dopoguerra; cadevano le speranze dei partiti di sinistra di guidare la trasformazione della società; si rafforzava l'egemonia del partito cattolico, già delineatasi con l'avvento al governo di De Gasperi e ora sancita in modo inequivocabile dal responso delle urne.
La delusione dei militanti di sinistra per questo risultato si espresse tre mesi dopo le elezioni, quando un episodio drammatico rischiò di far precipitare il paese nella guerra civile. Il 14 luglio 1948, uno studente di destra sparò al segretario comunista Togliatti mentre usciva da Montecitorio e lo ferì gravemente. Alla notizia dell'attentato, in tutte le principali città, operai e militanti comunisti scesero in piazza, scontrandosi con le forze dell'ordine. Ricomparvero armi e barricate e molte fabbriche furono occupate. Nella zona del Monte Amiata, in Toscana, il moto assunse un carattere insurrezionale. In pochi giorni, l'agitazione si esaurì, anche per il comportamento prudente dei dirigenti comunisti e dei capi sindacali. Ma le tensioni nel paese risultarono ulteriormente esasperate; e si rafforzò, in seno alla compagine governativa, la tendenza a una gestione dura dell'ordine pubblico.
Un'altra conseguenza delle giornate del luglio '48 fu la rottura della già precaria convivenza fra le maggiori forze politiche all'interno del sindacato. La decisione della maggioranza social-comunista della Cgil di proclamare uno sciopero generale per protesta contro l'attentato a Togliatti fornì infatti alla componente cattolica l'occasione per staccarsi dal sindacato unitario e per dar vita a una nuova confederazione, che avrebbe poi assunto il nome di Cisl (Confederazione italiana sindacati lavoratori). Pochi mesi dopo anche i sindacalisti repubblicani e socialdemocratici abbandonarono la Cgil, fondando una terza organizzazione, la Uil (Unione italiana del lavoro). Svaniva così l'ultimo residuo di unità antifascista; la divisione del paese in due schieramenti contrapposti poteva ormai dirsi completa.
Torna all'indice