35.3 Le contraddizioni dell'America Latina
Collocata in una posizione intermedia fra l'area dello sviluppo e quella della povertà, partecipe a un tempo dei problemi della modernità e di quelli del sottosviluppo, l'America Latina ha vissuto nell'ultimo ventennio una serie di vicende complesse e contraddittorie sotto il profilo politico ed economico. Sul piano politico, gli anni '70-'80 hanno segnato la massima espansione e il successivo declino delle dittature militari, già presenti in buona parte del continente (
31.7).
Nella prima metà degli anni '70, i militari assunsero il potere anche in paesi in cui la tradizione democratica sembrava avere radici più antiche e più profonde. Fu il caso dell'Uruguay (dove il regime liberale, indebolito da una gravissima crisi economica e dalle spettacolari azioni di guerriglia urbana messe in atto dal movimento clandestino dei tupamaros, fu rovesciato nel '73) e soprattutto del Cile, dove nel 1970 il socialista Salvador Allende aveva assunto la presidenza, a capo di un governo di Unità popolare. Allende tentò di realizzare un programma di nazionalizzazioni e di ampie riforme sociali. Ma dovette scontrarsi con una situazione economica ai limiti del dissesto, con l'opposizione della borghesia e con l'aperta ostilità degli Stati Uniti (che vedevano messi in pericolo i privilegi di alcune grandi corporation), oltre che con le intemperanze estremiste di una parte dei suoi stessi seguaci. Nel settembre 1973, Allende fu rovesciato da un colpo di Stato militare e ucciso mentre tentava un'estrema resistenza nel palazzo presidenziale. Il potere fu assunto dal generale Augusto Pinochet, che diede vita a un regime dai tratti duramente autoritari.
Non meno drammatiche furono in questo periodo le vicende attraversate dall'Argentina. Nel 1972, il regime militare che aveva assunto il potere sei anni prima, non riuscendo a dominare una situazione sempre più delicata soprattutto sotto il profilo dell'economia e dell'ordine pubblico (erano attivi nel paese diversi gruppi di guerriglia, sia di ispirazione marxista sia di obbedienza peronista), non trovò di meglio che accordarsi con l'ex dittatore Perón, esule da quasi vent'anni ma sempre popolarissimo, soprattutto fra le masse urbane. Eletto trionfalmente alla presidenza della Repubblica nel settembre '73, Perón fallì completamente nel compito di riportare l'ordine nel paese, mentre sul piano economico non fece che ripetere l'esito disastroso della sua precedente esperienza di governo (
31.7). La situazione precipitò ulteriormente quando, dopo la sua morte (luglio '74), la presidenza passò a sua moglie Isabella. Nel marzo '76, in presenza di una guerriglia di sinistra sempre più aggressiva e di un'inflazione crescente, i militari decisero di deporre la presidentessa e di riprendere in mano il potere. La dittatura militare, per aver ragione della sovversione interna, usò metodi estremamente brutali: decine di migliaia di oppositori, o presunti tali, furono arrestati o scomparvero nel nulla. Ma nemmeno il pugno di ferro dei militari servì a rimettere in sesto l'economia e a fermare l'inflazione. Al fallimento economico si aggiunse poi un gravissimo scacco militare. Nel 1982, anche per distogliere l'opinione pubblica dai problemi interni, il governo argentino procedette all'occupazione delle isole Malvine (o Falkland), situate a qualche centinaio di chilometri dalla costa atlantica e tenute da secoli dalla Gran Bretagna. Ma il governo inglese reagì duramente, inviando navi, aerei e truppe che, dopo poche settimane di combattimenti, ricacciarono gli argentini dall'arcipelago. Investiti da un'ondata di impopolarità, i generali furono costretti a farsi da parte e a convocare libere elezioni che, nel 1983, videro la vittoria del radicale Raúl Alfonsín.
In questo stesso periodo, anche negli altri paesi sudamericani, si è assistito al rientro più o meno spontaneo dei militari nelle caserme e al conseguente ritorno a una sia pur precaria vita democratica. In Brasile, dove già negli anni '70 i militari avevano allentato le maglie della dittatura, le prime libere elezioni presidenziali si sono tenute nel 1985. Fra il 1984 e il 1985 si sono avute libere consultazioni in Perù, Uruguay e Bolivia. Nel 1988, in Cile, il regime di Pinochet - già costretto dalle pressioni internazionali ad aprire alcuni spazi di limitato pluralismo - è stato sconfitto in un referendum indetto dallo stesso dittatore; le elezioni presidenziali, tenutesi nel dicembre '89, hanno visto la vittoria del candidato delle opposizioni, il democristiano Patricio Aylwin. Nel 1989 è stata rovesciata anche l'ultima dittatura del Sud America, quella del generale Stroessner in Paraguay. Visto che in Colombia, Venezuela ed Ecuador le istituzioni liberal-democratiche erano rimaste in piedi, pur fra molte contraddizioni, anche nel periodo precedente, si può dire che, alla fine degli anni '80, l'intero continente sudamericano sembra riguadagnato alla democrazia politica.
Il consolidamento della democrazia trova però tuttora numerosi e gravissimi ostacoli di natura economica, politica e sociale. In Argentina le conseguenze di un'inflazione catastrofica - unite all'inquietudine dei militari, messi sotto accusa per le repressioni degli anni della dittatura e per questo protagonisti di ripetuti episodi di insubordinazione - hanno logorato l'esperimento di Alfonsín e hanno determinato, nelle elezioni del 1989, la sconfitta dei radicali e l'affermazione del candidato peronista Carlos Meném. In Perù il pericolo maggiore viene dalla presenza di un movimento di guerriglia di ispirazione maoista (Sendero luminoso), protagonista di una serie di azioni sanguinose e spietate. In Colombia la minaccia più grave è costituita dalla strapotenza dei grandi trafficanti di droga, che raffinano ed esportano sui mercati statunitensi ed europei la cocaina ricavata dalle foglie della coca, prodotta per lo più in Perù e in Bolivia. Grazie agli enormi profitti realizzati - ma grazie anche al fatto che la coltivazione della coca rappresenta la principale risorsa di intere regioni poverissime - i narcotrafficanti hanno potuto condizionare, con la corruzione e con la violenza, l'operato dei poteri locali e degli stessi governi di molti paesi. Nell'estate del 1989, il governo colombiano - con l'attivo appoggio dell'amministrazione Usa, impegnata in una sorta di crociata antidroga - ha ingaggiato contro i narcotrafficanti una vera e propria guerra dall'esito ancora incerto.
Ancora più complessa e travagliata, dal punto di vista politico, è la situazione dei piccoli Stati dell'America centrale, dove la fine delle ultime dittature personali (Somoza in Nicaragua nel '79, Duvalier a Haiti nell'86) non si è tradotta in una stabile affermazione della democrazia; e dove fragili regimi formalmente liberaldemocratici (come quelli di Honduras, Salvador, Guatemala, Santo Domingo) sono perennemente soggetti al rischio di scivolare nella dittatura militare e nel contempo devono subire gli attacchi della guerriglia di estrema sinistra. Un ulteriore fattore di tensione nell'area centroamericana è stato costituito, negli anni '80, dagli avvenimenti del Nicaragua, dove un movimento rivoluzionario di sinistra - il movimento sandinista (chiamato così da Sandino, eroe nazionale e protagonista della lotta antimperialista negli anni '20 del '900) prese il potere nel 1979 rovesciando la dittatura di Anastasio Somoza. Gli Stati Uniti, che avevano a lungo appoggiato lo screditatissimo Somoza, non sono intervenuti per impedirne la caduta. Ma quando il nuovo regime ha accentuato i suoi tratti "socialisti" in politica interna e internazionale, si è creata una forte tensione, sfociata, durante la presidenza Reagan, nell'appoggio degli Usa ai movimenti armati antisandinisti (i contras). Solo nel 1989 si è giunti a una tregua, in seguito alla quale i contras hanno sospeso la guerriglia in cambio della promessa del governo di convocare libere elezioni: elezioni che si sono tenute nel febbraio '90 e sono state vinte dal fronte delle opposizioni antisandiniste.
Se nonostante tutto la situazione politica dell'America Latina appare orientata verso una relativa stabilizzazione, la situazione economica presenta invece gravi segni di deterioramento. Quasi tutti i paesi latino-americani hanno visto aggravarsi l'inflazione (con tassi di aumento dei prezzi spesso superiori al 100% annuo) e hanno dovuto far fronte a un pesantissimo carico di debiti con l'estero, contratti per finanziare ambiziosi programmi di sviluppo. Per alcuni paesi, l'onere dei soli interessi è tale da assorbire buona parte del valore delle esportazioni. È questo un problema che ha avuto gravi conseguenze sia sugli equilibri interni dei paesi debitori, costretti ad adottare politiche restrittive, sia sul sistema bancario internazionale, continuamente minacciato dal rischio dell'insolvenza.
Torna all'indice